Due nuovi Presìdi Slow Food dal Friuli-Venezia Giulia

Storie contadine 

Cinquanta chilometri più a nord di Trieste è tutto un altro mondo: le valli del Natisone, che da Cividale del Friuli si sviluppano a ventaglio in direzione nord-est, sono un assaggio delle Alpi. È da qui che arriva il malon, una zucca a pasta bianca dalla forma cilindrica-tondeggiante e la buccia liscia, può raggiungere una lunghezza di circa 40-50 centimetri e un diametro di 30-40. Un alimento che, da queste parti, è da sempre una risorsa per tutti, non solo gli esseri umani: “Storicamente il malon veniva coltivato prevalentemente per l’alimentazione degli animali” racconta Caterina Dugaroreferente dei produttori del Presidio Slow Food.

“Veniva data da mangiare ai maiali e ai bovini, oppure tagliata in pezzi e lasciata a disposizione delle galline e delle anatre affinché la beccassero”. Ma il malon sa rivelarsi prezioso anche in cucina: “Per l’alimentazione umana, il frutto si utilizza quando la buccia è ancora verde e la polpa tenera” aggiunge. Le ricette della tradizione vedono il malon utilizzato in una minestra chiamata briza o zupa malonova, nella quale la polpa viene grattugiata e messa a macerare nella batuda (cioè il latticello, il latte vaccino appena munto lasciato inacidire) con l’aggiunta di fagioli e, a seconda delle varianti, patate e farina di mais abbrustolita nello strutto o nel burro. Lo si può trovare anche grattuggiato e stufato in un tegame con aglio, alloro e una base grassa, per accompagnare la carne, oppure come ingrediente dello stakanje, un pestato a base di verdure e patate.

Un ingrediente povero ma versatile, il malon, ma con una lunga storia contadina alle spalle. “Un tempo era di uso comune: ricordo bene che, a casa mia, la nonna e la mamma lo usavano abitualmente”, aggiunge Gianfranco Topatigh, referente Slow Food del Presidio del malon. “Ai tempi non c’era niente di eroico nell’usare il malon in cucina. Poi, lo spopolamento e il depauperamento del tessuto sociale di questa zona, come è successo in molte altre aree interne del nostro Paese, hanno fatto sì che la coltivazione andasse perdendosi. La logica di avviare un Presidio Slow Food è quella di ridare dignità a qualcosa che stava scomparendo, ma non come puro e semplice ricordo dei bei tempi andati: significa riconoscerne le potenzialità economiche, benché piccole, ad esempio nella filiera della ristorazione”. 

Una potenzialità concreta, conferma Dugaro: “Nella cucina del nostro agriturismo, in una stagione utilizziamo quasi una ventina di maloni. Siamo molto contenti della nascita del Presidio Slow Food e di contribuire a stimolare la ristorazione a non dimenticarsi di prodotti che rappresentano un valore aggiunto: quello di portare in tavola pietanze che altrove non si possono gustare. E, da quando abbiamo cominciato a parlare di Presidio, abbiamo già notato più interesse”.

I Presìdi Slow Food dell’oliva Bianchera e del malon sono sostenuti dalla Regione Friuli-Venezia Giulia. (agenfood)

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